Quando sentite parlare di “web” come se fosse un’entità a sé stante con dinamiche proprie e pensiero unitario, voi ricordatevi sempre che quel “web” è una sineddoche per “le persone” (cioè si parla di web, che è uno strumento in mano alle persone, per indicare il tutto, cioè “la persone”); o una metonimia, se preferite (cioè si dice web per intendere “la gente che sta nel web”, ci naviga e in certi casi disgraziati ci si esprime pure).
Quando leggi web, tu registra “le persone” e vedrai che la tua percezione del mondo sarà più aderente alla realtà
Se per esempio vi siete trovati nel week end a fare livetwitting* davanti a San Remo 2017 (l’unico modo per sopravvivere ai suoi ritmi estenuanti, a mio modo di vedere), avete avuto sotto gli occhi un campione così eterogeneo di persone che vi sareste sognati in altri tempi, quando al massimo lo si guardava dal bar del quartiere, o in casa con gli amici (che di solito sono gente che tende ad assomigliarci e restringe così sensibilmente la nostra percezione della varietà umana).
Non è facile andare d’accordo con le persone che sono molto diverse da noi. A volte è persino difficile tollerarne l’esistenza: la gente del centro non capisce la gente di periferia, quelli di provincia non capiscono quelli di città, quelli del classico non capiscono quelli dello scientifico, quelli che fanno zumba non capiscono quelli che fanno pilates e i vegetariani non capiscono i fan di Burger King.
(e la faccenda, lo sapete, può essere anche molto più complicata di così ma arriviamo a fine post in leggerezza, vi va?)
Mi hanno insegnato sin da piccola, per lo più preti e suore (e di questo li ringrazio), che c’è posto per tutti a questo mondo e che dovremmo “amare il prossimo nostro come noi stessi”, e io non dico che ci sia mai riuscita, ma nella maturità, anche grazie alla maternità che m’ha messo in casa due soggetti che non avevo scelto a priori in base a carattere né inclinazioni, ho imparato a provare tenerezza empatica e disapprovazione rispettosa anche verso coloro contro i quali, al liceo, non mi sarei risparmiata un’ottusa intransigenza.
L’ideale è sempre qualche spanna sopra il reale, ma si possono raggiungere compromessi accettabili anche in relazione a quelli più alti.
Si cambia, si diventa più tolleranti, e si impara che osservare il prossimo può essere fonte di grande intrattenimento, oltre che di ispirazione; il che non significa “prendere per il culo”, ma invece osservare la varietà umana con occhio indulgente e non privo di senso dell’umorismo: la risata è un ottimo antidoto all’odio.
Prendete il pubblico di #sanremo2017 e troverete un campione di umanità in cui riconoscerete vizi e virtù vostre e altrui
C’è tutta una categoria di persone che ama crearsi un gruppo non a partire dalle passioni e dagli amori comuni, ma dal loro esatto contrario. Trovano qualcosa da detestrare, gli dedicano più attenzione di quanto sarebbe ragionevole facessero, e costruiscono relazioni con persone con le quali condividono la medesima idiosincrasia. Nel caso di #sanremo2017 ecco due declinazioni dello stesso tic:
L’opinione non richiesta
..e laconica. Non le piace San Remo, però si prende la briga di twittare il suo feedback negativo. A che scopo, se non quello di trovare “amici di odio”?
L’antagonista
Lei non solo si prende la briga di twittare il suo disprezzo per una manifestazione a cui intanto sta dedicando del tempo, ma ti vuole anche dire che mentre tu stai buttando la tua serata davanti a San Remo, ci sono un sacco di film bellissimi che ti stai perdendo sulle altre rete. Non affilia solo grazie al canale dell’odio, ma vi affianca un’implicito contest: sarai così figo da amare gli stessi film che sto amando io altrove, e non ti dico quali? E si sa che i contest funzionano sul web.
Poi c’è la gente più normale, quella che ha le ragioni più varie per essere lì a guardare, ma almeno hanno tutte a che fare con il piacere legato a qualche aspetto della manifestazione (per me, casomai ve lo domandaste, i motivi erano 1. i vestiti delle Signore; 2. il livetwitting; 3. la musica).
Tra questi:
Il sentimentale
Lui è teneramente innamorato della sua beniamina, che non sta riscuotendo grande successo e si nota soprattutto dai feedback su twitter, tra i quali il più indulgente è “che noia, quasi quasi vado a letto”, e lui reagisce così, con cuore e filosofia: non è la canzone che è noiosa, siete voi che avete paura di guardare dentro voi stessi. Io gli voglio già bene, ve lo dico.
Il leghista
La politica ormai ha a che fare più con un modo di essere che con un ideale. Politics is a state of mind; e infatti lui del leghista ha la nostalgia per le glorie passate (“30 anni fa sì che c’era della qualità!”), anche se magari lui non era nato, per dire, e l’occhio clinico per lo spreco dei soldi pubblici (“coi soldi nostri!!”). Mi sentirei di rassicurare l’amico qui, che i soldi spesi per la manifestazione probabilmente sono già rientrati con gli interessi, considerando il numero di interruzioni pubblicitarie e il “product placement” della TIM (che magari non è product placement, qualcuno mi corregga se può) che ha invaso persino l’hashtag ufficiale della manifestazione, come potete constatare.
Il grillino
A lui del fatto che Rita Pavone abbia lanciato Cuore ad un clamoroso successo in Italia e che a sua volta la canzone abbia lanciato lei al successo internazionale, già nel 1963, non importa. Per lui Cuore appartiene ad Arisa, punto. Il revisionismo storico, le teorie del gomblotto, le scie chimiche e Mary Poppins che balla la macarena sul marciapiede insieme a Bert…
La sindacalista
Perché va bene gli artisti, ma la working class?! Niente sarebbe stato possibile, di tutto questo show, senza la working class e sarebbe il caso che quella platea di fighetti impettiti si sprecasse in un applauso anche per loro. O no?!
(In teoria ha ragione, e per questo mi sta simpaticissima; poi ci sarebbero valutazioni di opportunità da fare che non faremo in questa sede)
La snob
Un popolo di allenatori, statisti, sismologi, giudici, medici legali, esperti di politica internazionale, critici musicali e vocal coach. Incredibile che non siamo la prima potenza mondiale.
Lo straniero e la straniera
Twitter è internazionale, è vero. Ma si sta commentando il Festival della Canzone Italiana e al massimo lo stanno guardando, fuori confine, i 250K italiani di Londra (anche se ne dubito per un fatto generazionale), il milione abbondante in America e i nostri sempiterni fan in Albania. Il senso di scrivere in inglese mi sfugge, ma sono certamente io che ho problemi nell’assimilare l’opportunità di intercalare l’italiano con altre lingue a beneficio di un pubblico potenzialmente internazionale, che nella vita non si sa mai.
Il critico
Pur di criticare, si inventa categorie di giudizio inedite. Sarei curiosissima di conoscere l’utilità delle altre canzoni, come lui la intende. Temo non lo saprò mai perché, come la maggior parte dei critici musicali nazionali, non ha uno spazio adeguato sui media on e off-line.
La ragionevole
Di fronte agli scoppi d’odio del web c’è chi legge e ride, chi legge e ignora, chi legge e subisce e chi legge e s’indigna. Lei fa parte di quest’ultima categoria, e lo fa con ragionevolezza e misura, mettendo i critici più incalliti di fronte all’insensatezza del proprio accanimento. Non so voi, ma io la voto.
La prudente
Sempre a causa degli scoppi d’ira e odio repentini del web, c’è chi non si sente in diritto di esprimere un’opinione negativa, timorosa delle falangi di fan che le si potrebbero scagliare contro. I suoi modi sono apprezzabili. Dopo di che potrebbe essere necessario un controllo all’impianto di amplificazione della sua abitazione, perché la Comello, bontà divina!, aveva sì una canzone di rara noia, ma non ha preso una stecca.
nota:
* vi capiterà di leggere questa parola anche nella versione livetweeting, ma io non la capisco: Twitter si scrive con la i, potete verificare voi stessi.
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